Come è cambiato il mondo del lavoro nella ristorazione negli ultimi due e anni e perché?
Tutti i fattori che hanno portato il settore ristorativo ad essere affamato di cuochi e camerieri che mancano.
A inizio giugno del 2021, secondo la Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), nel settore della ristorazione e del turismo c’erano circa 150 mila posti vacanti. Il problema creato dalla pandemia mondiale che ci ha travolto da ormai questi due anni, ha scoperchiato un vaso troppo pieno da troppi anni. Così, alle porte del nuovo anno il settore della ristorazione accusa l’ennesimo colpo e non si trovano più chef e camerieri, o almeno si fa molta fatica.
Le ragioni per cui scarseggiano chef, camerieri e altre figure professionali legate alla ristorazione sono collegate al Covid certo, ma più ci si avvicina alla fine di questo periodo nero e più ci si rende conto che forse il problema non dipende solo dalle chiusure legate alla pandemia. L’economia è senza dubbio in bilico tra fallimento e ripresa, e questo si riversa sul commercio e ancora una volta sui ristoranti.

A inizio estate c’è stata una denuncia da parte dei ristoratori, “il lavoro c’è, ma nessuno vuole più lavorare nei ristoranti e nei bar” dicevano. Questa denuncia è in parte vera, ma non si può fare finta di niente di fronte al fatto che il lavoro, così come la vita di tutti, è in qualche modo cambiato. Il settore della ristorazione, dal punto di vista lavorativo, è sempre stato un territorio delicato: molte ore di lavoro, salari spesso non congrui e poca, pochissima formazione. Il lavoro al ristorante, come ci raccontano da anni i grandi patron, è un mestiere difficile e faticoso, che proprio per questo dovrebbe essere correttamente retribuito e regolarizzato dal punto di vista di mansioni e orari. Inoltre, la formazione nel settore della ristorazione, nonostante l’Italia sia uno dei paesi al mondo con la più grande cultura enogastronomica, non sempre è all’altezza dei prodotti, del territorio e dei produttori.
Fare lo chef o il cameriere, solo qualche anno fa veniva visto come un mestiere non scelto ma capitato, adatto a chi non aveva voglia di studiare o a chi non aveva particolari competenze. La realtà, e ce ne siamo accorti nel corso degli ultimi anni, non è questa. Il cuoco deve avere nozioni di economia, m
erceologia, gestione e non solo, il cameriere deve avere competenze organizzative e linguistiche. Ma allora, quali sono davvero i motivi per cui non si trovano più chef e camerieri disposti a lavorare in uno dei settori più redditizi del nostro Bel Paese? Abbiamo raccolto dati e fatto un punto sulla situazione ed ecco in 5 punti cosa è emerso.
- Non si trovano più cuochi e camerieri? È perché le persone hanno cambiato lavoro
- Lavoro temporaneo
- Reddito di cittadinanza e misure assistenziali: elementi necessari ma disincentivanti
- Questione di retribuzione e non solo
- Burocrazia e costo del lavoro
- Anche tu hai problemi a trovare cuochi e camerieri?
1. Non si trovano più cuochi e camerieri? È perché le persone hanno cambiato lavoro
I lockdown, soprattutto quello iniziato a marzo 2020, hanno visto le serrande di bar e ristoranti chiudersi per un tempo all’epoca indefinito. Non tutti, e soprattutto non subito, erano preparati a rispondere alla crisi con il delivery o il take away e in questo momento di stallo molte persone impiegate prima nella ristorazione hanno trovato nuovi impieghi. Questo cambiamento figlio di una necessità, ha portato alla consapevolezza che il settore ristorativo richiede molti sacrifici riducendo al minimo il tempo libero. Per questo motivo, molti addetti ai lavori, non vogliono tornare in questo settore fatto di tante ore lavorative, pochi spazi personali e spesso anche con un salario non adeguato.
2. Lavoro temporaneo
Il cameriere può in molti casi (non tutti) essere un lavoro temporaneo, per ad esempio uno studente, anche se è comunque una professione con una tecnicalità che non si inventa dalla sera alla mattina. In questi casi però non possono vigere contratti di lavoro pensati per signori con la giacca bianca che avrebbero fatto quello per tutta la vita, bisogna trovare qualcosa di più semplice e molto meno costoso in termini di cuneo fiscale.
3. Reddito di cittadinanza e misure assistenziali: elementi necessari ma disincentivanti
I sussidi per la disoccupazione, il reddito di cittadinanza e le misure assistenziali sono strumenti che hanno supportato la categoria dei lavoratori durante i periodi economicamente più difficili dovuti alla pandemia. È anche vero che a causa degli stipendi superiori di pochi euro rispetto ai sussidi economici stanziati dallo Stato, le persone sono disincentivate a rientrare al lavoro. Complice è anche il senso di insoddisfazione e incertezza che il periodo Covid ha introdotto nella società, un tema antropologico e sociale che dovrebbe essere affrontato al più presto soprattutto a favore dei più giovani.
4. Questione di retribuzione e non solo
Perché non si trovano dipendenti? Uno dei principali motivi che spinge la gente ad allontanarsi dal mondo della ristorazione è strettamente collegato agli orari di lavoro e in particolar modo alle retribuzioni. Stipendi da fame, quasi sempre precari, tanto lavoro senza soluzione di continuità, senza rispetto per le ferie né per gli orari.
Si tende quindi ad avvicinarsi a settori diversi da quello della ristorazione per uno stipendio maggiorato a qualsiasi costo, anche se più faticoso. Mettersi nei panni di chi, cercando lavoro, si imbatte in offerte da 1.000-1.200 euro per lavorare 6 giorni su 7 per 10-12 ore al giorno, senza straordinari pagati, è un modo per rispondere al famoso “perché” iniziale.
Per di più, cercare lavoro online, su piattaforme dove esistono spazi dedicati alle recensioni di dipendenti o ex dipendenti, è oramai diventato un must. Pertanto, lo stipendio non adeguato e la qualità stessa del lavoro e dell’ambiente, hanno messo alle strette chi di interesse. Paga adeguata e contratto di lavoro sono il minimo sindacale, letteralmente.
Di conseguenza, oggi per molti il lavoro stagionale da cuoco cameriere non è più appetibile, soprattutto se sono pagati poco o in nero.
Per rispondere a quest’ondata di rifiuto categorico, molti ristoranti hanno cercato di trovare un rapporto equilibrato tra durata del lavoro e tempo di riposo, concedendo due giorni. O ancora facendo “doppio turno” a cena e chiudendo a pranzo durante la settimana.
In generale, bisognerebbe creare una politica di incentivi e premi per andare incontro ad un lavoro molto pesante dal punto di vista fisico e mentale.
È possibile premiare i camerieri che partecipano alle sessioni di allenamento in corso con pasti gratuiti, parcheggi preferenziali o aumenti di stipendio. I modi per incentivare le prestazioni sono quindi molteplici e consentono di creare un ambiente di lavoro sano per i camerieri del tuo ristorante.
5. Burocrazia e costo del lavoro
C’è infine un tema che riguarda l’Italia da sempre: la burocrazia. Lenta e spesso confusa, la burocrazia italiana rappresenta spesso un ostacolo per le assunzioni da parte dei proprietari di locali e ristoranti. La concorrenza dei prezzi è un fattore strettamente correlato alle paghe dei dipendenti, il discorso è molto semplice: se un ristorante non incassa abbastanza difficilmente si avrà denaro sufficiente per garantire le adeguate paghe ai dipendenti.
Le soluzioni a questa problematica ancora non ci sono, bisognerebbe che il Governo si concentrasse su come snellire le procedure di assunzione, che le istituzioni stanziassero adeguati fondi per la corretta formazione lavorativa in ambito ristorativo e che, questo ce lo auguriamo tutti più di tutto, la pandemia allentasse un po’ la presa.
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