Dalla vodka gastronomica alla Martini room: l’unione che abbatte la barriera tra cucina-bar.
Si definisce abbinamento (pairing) l’accostamento funzionale di due elementi affini o complementari. Nel mondo della cucina questo avviene costantemente, combinando diversi ingredienti per creare sapori che si equilibrano tra di loro. Questo criterio può avvenire seguendo due metodi: per somiglianza di aromi, o per contrasto.
Più comune e conosciuto è l’abbinamento cibo-vino, spesso considerato una vera e propria forma d’arte, nonché la base della professione di sommelier. Ma se il concetto di pairing si applicasse anche ad altre bevande?

La cucina, per sua natura, è in continua evoluzione e trova sempre un nuovo modo di esplorare sapori e combinazioni inusuali. Ecco che nel mondo della ristorazione, da qualche anno, è diventato sempre più familiare il termine cocktail-pairing.
Il cocktail-pairing prevede l’uso di spiriti e cocktail (classici e non) come abbinamento a portate di ogni tipo, dall’entrée al dessert. Una pratica sentita soprattutto all’estero, il drink-pairing è un concetto nuovo, non sempre facile da capire, ma che vede interessati sempre più curiosi, attratti da un’idea spesso vista così eclettica ed innovativa.

Il cocktail-pairing funziona?
Il cocktail è di per se un elemento molto pratico per un pairing, per la sua versatilità ed il range di sapori: dolce o secco, con note più acide o erbacee. La quantità di drink però si riduce e, soprattutto nel caso di un menu degustazione, vengono proposti cocktail da un tenore alcolico contenuto, dando spazio ad ingredienti come sherry, vermut o sidro.
La possibilità di usare alcolici a tavola ha attirato l’attenzione anche di alcuni grandi chef. Nel 2017 una collaborazione tra Alain Ducasse e Grey Goose porta alla nascita della prima vodka gastronomica: una vodka adatta e pensata per accompagnare tutti i pasti, servita pura o in un drink. La vodka in questione è il risultato di una distillazione di una miscela di grano con tre diverse tostature, in modo da ottenere un ventaglio di sapori e aromi più complesso. Il prodotto, lanciato nel mercato americano per un’edizione limitata, ha riscontrato successo e molta curiosità, soprattutto sdoganando il concetto di vodka come spirito neutro.
Ed è così che da una sempre più stretta collaborazione tra bar e cucina per creare nuove combinazioni e abbinamenti in bicchiere. È sempre più frequente vedere bartender e chef sperimentare ingredienti e prodotti fermentati attraverso tecniche moderne come cucina a bassa temperatura, l’utilizzo del rotovapor. Si inizia a parlare di cucina liquida (liquid kitchen) definita da David Munoz, chef pluristellato di Madrid, -Una danza tra piatto e drink-. Non distante anche il pensiero dello chef Grant Achatz, che nel suo cocktail bar The Aviary a Chicago, propone una selezione di drink trattati e serviti come veri e propri piatti.
Old fashioned vengono abbinati a carni alla brace, margarita a portate di pesce o con carni grasse. Ma le possibilità sono davvero infinite.

In Italia il cocktail paring è un territorio ancora poco esplorato – soprattutto dovuto alla cultura enologica fortemente radicata nel paese ma che trova già alcuni locali fieri di essere i portabandiera di questo nuova tendenza. Uno di questi è Cà-ri-co a Milano, che ha voluto osare e creare il suo stile basandosi unicamente sul connubio drink-cibo.
Il cocktail-bistrò offre un menu degustazione proposto insieme allo speciale drink-pairing, dove ogni portata viene abbinata a cocktail, sake, vino o kombucha in versione compact.

Un esempio della collaborazione cucina-bar è ben rappresentato in uno dei piatti signature: la salsiccia cruda, composto da una tartare salsiccia condita con salsa chimichurri, semi di senape e latte di noci pecan. ll piatto viene abbinato con un cocktail rinfrescante a base di kombucha, Amaretto Disaronno e clementine: un drink dalle note acide e dal basso tenore alcolico che contrasta le spezie e la grassezza della salsiccia.
Per gli appassionati del martini i fondatori di Cà-ri-co hanno creato la martini room, la prima cocktail room a tempo. Qui vengono proposte numerose varianti di uno dei cocktail più conosciuto al mondo combinati ai piatti creati dalla cucina.

Il concetto di cocktail pairing può essere utilizzato anche per abbinare bevande non alcoliche, idea ben apprezzata dai non bevitori, che non si sentono più costretti a pasteggiare solamente con bevande gassate o acqua. Creare dei prodotti interessanti richiede comunque un certo sforzo e studio: freschezza, struttura e creatività non devono mai mancare. Ecco che sode aromatizzate con ingredienti selezionati, kombucha e cordial si dilettano ad accompagnare diverse portate, nonché offrire un tipo di servizio unico nel suo genere.
A tavola il cliente è diventato più curioso e critico di quello che gli viene servito, e “bere bene” è diventato un nuovo bisogno: il consumatore è sempre più in cerca di nuove avventure gastronomiche. Il cocktail-pairing, sen ben strutturato, può diventare anche l’elemento caratteristico di un locale.
