Abbiamo avuto l’opportunità di parlare con Alessandro Thellung De Courtelaty di Impact Food di Roma, un ristorante innovativo che sta rivoluzionando il settore horeca con la sua offerta di prodotti plant-based. L’azienda è nata dal desiderio di offrire un’alternativa sostenibile e gustosa alla carne. Impact Food non si rivolge solo ai vegani o vegetariani, ma a chiunque sia interessato all’impatto ambientale del cibo. Scopriamo in questo articolo come sta cambiando il modo in cui pensiamo alla sostenibilità, alla salute e all’etica nel mondo dell’alimentazione.
- Come sei arrivato all’idea di Impact Food?
- Qual è l’età media dei vostri clienti?
- Avete visto che ha un impatto negativo il concetto di “vegan”?
- Qual è la percezione dei clienti del menù di Impact Food?
- La sostenibilità è rivolta solo a poche persone?

Come sei arrivato all’idea di Impact Food?
Arrivo da tutt’altro settore, sono un pilota di macchine. Attraverso esperienze e amicizie mi sono reso conto di determinate cose e ho così smesso di mangiare prodotti di origine animale. All’inizio era dovuto soprattutto al discorso etico.
Sono rimasto sorpreso da quello che è successo durante la fiera di tecnologia “Computer Electronics Show” a Las Vegas nel 2019. Durante l’esposizione l’azienda Impossible Food ha regalato mini hamburger e nessuno sapeva che non era carne. Alla fine ha vinto il premio come miglior prodotto poiché ha brevettato l’estrazione dell’emoglobina, una molecola che emula il sangue.
Da quel momento ho testato sempre più prodotti plant based e insieme ai miei due soci abbiamo capito che c’era una possibilità di creare qualcosa nel mercato.
Abbiamo avviato l’attività con una varietà di 20 fornitori plant based, nessun altro ristorante offre una gamma così ampia di scelte a base vegetale come noi. Abbiamo fatto anche focus group e ricerche per capire i migliori prodotti. Di prodotti simil pollo abbiamo 4 fornitori diversi: 1 italiano, 1 svizzera, 1 francese, 1 americano. È un discorso più ampio che nessuno tocca così tanto in Italia. Per questo abbiamo deciso di farlo.

Qual è l’età media dei vostri clienti?
È difficile dirlo perché i clienti di Impact Food hanno un’età eterogenea. Sappiamo che il nostro cliente medio non per forza è vegetariano o vegano ma è un cliente che si interessa dell’avvenire e dell’impatto che abbiamo sulla Terra. Per la maggior parte, sono persone che tengono a qualcuno e vogliono per loro un futuro migliore di quello che si prospetta. Abbiamo tanti clienti meno giovani di quello che pensiamo e che portano bambini piccoli, soprattutto nei weekend.

Avete visto che ha un impatto negativo il concetto di “vegan”?
Abbiamo strutturato tutto il brand in funzione del fatto che non ci fosse un’etichetta nemmeno per i clienti. Il tipo di prodotti che utilizziamo non sono prodotti che ricercano solo un pubblico di vegani ma sono un’evoluzione di percezione.
Una delle critiche più mosse alla carne vegetale è il voler a tutti i costi emulare il gusto della carne. “Perché una persona vegetariana/vegana dovrebbe voler ritrovare questi gusti se ha deciso di non mangiare carne?”. Perché le motivazioni per non mangiare più carne possono essere molteplici, ma tendenzialmente sono tre: etica, salute e ambiente.
Noi vogliamo proporre un prodotto e un servizio con un valore di differenziazione: la sostenibilità. Ormai sappiamo che non è sostenibile mangiare prodotti di origine animale ma non vogliamo nemmeno cambiare completamente l’esperienza dei clienti che vogliono mangiare da noi un hamburger senza alcuna rinuncia di gusto. Stiamo cercando di evolvere un processo per offrire lo stesso prodotto e servizio.

Qual è la percezione dei clienti del menù di Impact Food?
Ci sono diverse percezioni. Gli aspetti etici e di salute sono del tutto personali, mentre quello ambientale è l’unico oggettivo. Oggi dovremmo poter prosperare in modo sostenibile in modo tale da preservare il pianeta.
La sostenibilità può però destabilizzare alcuni settori produttivi come l’agricoltura e l’allevamento i quali si ritrovano a dover cambiare il modus operandi della propria produttività. Per produrre 1 chilo di carne bovina servono 15 mila litri di acqua mentre per produrre 1 chilo di carne plant based servono solo 90 litri di acqua. Inoltre il consumo di carne animale è a livello di gas serra e riscaldamento ambientale, uno dei primi fattori.
L’alternativa sono i prodotti plant based che danno anche la possibilità di creare nuovi posti di lavoro grazie alla volontà dei clienti che aumentano la domanda e permettono al mercato di crescere.

La sostenibilità è rivolta solo a poche persone?
È fondamentale comprendere a chi si desidera offrire i propri prodotti. Le persone attente alla salute sanno che i prodotti di origine animale possono essere dannosi e quindi optano per alternative vegetali con una lista di ingredienti breve. Esistono diverse angolazioni da cui affrontare la questione, ma i risultati sono simili.
Se decidiamo di concentrarci sulla sostenibilità, la prospettiva cambia completamente. La soia, per esempio, sta contribuendo alla distruzione del pianeta perché la maggior parte della sua produzione (78%) è destinata all’alimentazione animale. Se non fosse così, sarebbe un’opzione molto valida. Dovremmo quindi considerare la riconversione, che potrebbe portare alla riforestazione di molti ettari semplicemente riducendo il numero di animali allevati.
Il punto cruciale è la conversione calorica: il rapporto tra le calorie spese per produrre 1 kcal di carne di manzo può arrivare a 98-100. In altre parole, si spendono 100 kcal per ottenere 1 kcal nel piatto. Questo processo include la coltivazione del cibo per gli animali, che a loro volta lo metabolizzano, prima di essere consumati da noi. In tutto questo, molte calorie vengono sprecate. Se si optasse per la soia, il rapporto calorico sarebbe molto più favorevole, arrivando nella peggiore delle ipotesi a 1/9 invece di 1/100. Se tutti smettessero utopisticamente di mangiare carne, potremmo nutrire l’intero pianeta.
La sostenibilità, oggi spesso vista come un concetto di nicchia, è in realtà l’impatto che desideriamo avere sul nostro pianeta. Se non agiamo ora, qualcuno in futuro ci additerà come responsabili. Possiamo scegliere di compiere piccole azioni quotidiane, come optare per un pasto a base vegetale anziché animale, o per carne coltivata in laboratorio, che è ancora più sostenibile delle alternative vegetali. Il bioreattore, un contenitore in cui avvengono reazioni biologiche simili a quelle della fermentazione della birra o del vino, utilizza una quantità di energia minima rispetto a quella che può generare.
