Amore per il mondo della ristorazione fin dai primordi, Giuseppe è uno chef che si è formato attraverso anni di esperienza in ambiti diversi, dall’alta ristorazione, alla banchettistica sono solo alcuni esempi. La determinazione l’ha portato ad una veloce crescita personale fino ad arrivare ad essere Executive Chef di Unilever Food Solutions.
Abbiamo parlato con Giuseppe di come limitare il food cost, i nuovi trend presenti nel settore e che potrebbe evolvere il futuro della ristorazione.
- Qual è stato il tuo percorso?
- Cosa vuol dire essere l’Executive Chef di Unilever Food Solutions?
- Ora con la questione di aumento dei costi e la mancanza di personale come vedi il food cost?
- Legato al discorso food cost, ci sono dei prodotti che aiutano soprattutto oggi che i prezzi cambiano frequentemente?
- Come vedi i futuri trend e cosa ne pensi dei dolci salati?
- Condimenti per insalate e poke: come vedi il trend del salutare/healthy?
- Hai alcuni consigli per vendere di più i dolci?
- Tema feste: qualche consiglio per creare un menù dedicato al periodo natalizio?
- Cosa ne pensi di una soluzione come Deliveristo?
- Spesso il ristoratore ha difficoltà a gestire le richieste di clienti che hanno intolleranze. Un esempio è il gluten free, come suggerisci di gestire la linea?
- Che consiglio daresti ai colleghi più giovani?
Qual è stato il tuo percorso?
Ho deciso di fare lo chef dall’asilo e ho così scelto un percorso formativo che fosse il migliore per me. Le mie scelte sono sempre state mirate e sono partito con un’esperienza del tutto formativa in un ristorante tradizionale. Ho iniziato facendo il lavapiatti ma ho sempre guardato quello che faceva lo chef. Nel tempo ho iniziato a passargli piatti e poi a scaldargli le padelle e gli ingredienti. Così mi sono avvicinato ai fornelli, poco per volta.
Finito quel percorso ho deciso di cambiare e sono andato in Romagna, il cuore delle stagioni estive. Ho visto come funziona la gestione di un hotel a gestione famigliare e dopo aver visto il mondo degli alberghi mi sono spostato in quello della banchettistica a Bari. Ho iniziato a trattare grandi numeri, tanti eventi e così ho cominciato ad apprendere soprattutto tecnologie e metodologie di preparazione, stoccaggio e mantenimento dei prodotti.
Successivamente mi sono spostato al Four Season di Milano, hotel di altissimo livello. Ho potuto imparare molto sulla cucina italiana e le sue basi in maniera approfondita. Quest’esperienza è stata una grande opportunità di crescere culturalmente e vedere che in una cucina di alto livello è possibile essere umili.
La cucina mi è piaciuta fin da subito perchè mi fa sentire libero e senza confini. Così a 24 anni sono riuscito ad avere la mia prima esperienza da chef con una brigata mentre a 28 anni ho aperto la mia attività con un laboratorio dove potevo preparare piatti sia per piccoli che per grandi numeri come catering o il ristorante dell’aeroporto di Bari. Allo stesso tempo, con un collega, ho aperto un’associazione culturale per eventi del settore e mi sono approcciato al wedding catering. Successivamente ho iniziato a formare giovani chef dell’Istituto Eccelsa. Abbiamo iniziato a collaborare con Unilever Food Solutions e poi sono diventato il loro Executive Chef.

Cosa vuol dire essere l’Executive Chef di Unilever Food Solutions?
In Unilever Food Solutions è un ruolo con una certa responsabilità: quello che faccio è selezionare o creare prodotti adatti al mercato e alla cucina italiana che siano innovativi ma che rimangano fedeli alla tradizione. All’interno di un portfolio globale devo selezionare i prodotti più o meno adatti al nostro mercato o suggerirne la creazione. Un esempio di progetto e sviluppo è stata l’impanatura di Maizena di Unilever Food Solutions. L’intento è di risolvere una serie di bisogni degli chef.
Per fare al meglio questo lavoro ho bisogno di confrontarmi con cuochi e chef il più possibile. Devo capire quali siano le esigenze per poi passare alla ricerca e sviluppo di una soluzione.
Ora con la questione di aumento dei costi e la mancanza di personale come vedi la questione del food cost?
Avendo avuto una mia attività ho imparato a gestire i costi e a bilanciarli per riuscire a fare un buon margine. Se un tempo potevi gestire un ristorante senza pensare al food cost, oggigiorno non è pensabile farlo. Bisogna studiare il menù cercando di avere ingredienti che possano essere versatili e usarli su più preparazioni. Più versatile è l’ingrediente e meno viene sprecato perché se uno dei piatti non vende, potrà essere usato per altre preparazioni. La rotazione delle materie prime è necessaria per la freschezza ed evitare il food waste.
Un altro tema importante è il bilanciamento dei costi. Se uso un filetto di manzo che ha un food cost molto alto, dovrò accompagnarlo a qualcosa che ha food cost molto basso quindi patate o verdure di stagione che costano molto poco.
Sapere il costo del piatto e dei servizi permette di aumentare il fatturato e ci permette di non vanificare le ore di tempo all’interno della cucina. Questo lavoro toglie tanto tempo, devi amarlo ma bisogna anche vedere i giusti guadagni.
Legato al discorso food cost, ci sono dei prodotti che aiutano soprattutto oggi che i prezzi cambiano frequentemente?
La costanza è la cosa più difficile da mantenere in cucina e i semilavorati sono ingredienti che aiutano molto a contenere i prezzi. Un esempio? Usare il pesce fresco può comportare costi elevati e ha una rotazione di massimo 2 giorni, poi diventa food waste. Usare del pesce congelato permette di standardizzare i passaggi e quindi i costi, però si potrebbe perdere nel gusto. Usare i prodotti Knorr aiuta ad integrare una parte di gusto e a valorizzare i piatti.
Altri prodotti che aiutano a mantenere il food cost basso sono quelli stagionali. È inutile andare a comprare le ciliegie o fragole quando non è periodo perchè costerebbero tanto e avrebbero una qualità inferiore.

Come vedi i futuri trend e cosa ne pensi dei dolci salati?
Con Unilever Food Solutions abbiamo un team che ricercano i trend. Tra i trend italiani abbiamo trovato: la tradizione moderna e la cucina sostenibile.
Usare il dolce come salato e viceversa fa parte della categoria tradizione moderna. Anni fa ho creato uno spaghetto cotto nell’Alchermes condito con crema catalana e sembrava di aspetto uno spaghetto alla carbonara ma era un dolce. Oppure il contrario, ovvero un sorbetto con aggiunta di zenzero e barbabietola può diventare un ottimo abbinamento ad un carpaccio di salmone. Anche la panna cotta può diventare un antipasto se fatta con crackers e tartare di manzo.
In Unilever Food Solutions abbiamo visto che il futuro vedrà un passaggio di cambio di proteine, si useranno sempre più quelle vegetali a discapito di quelle animali. Già ora alcuni ristoranti elevano il vegetale, esempio un cavolfiore glassato con miso. Un altro possibile trend sarà la cucina selvaggia fatta da sapori forti e intensi come selvaggina, erbe spontanee e funghi.
Condimenti per insalate e poke: come vedi il trend del salutare/healthy?
Noi chef abbiamo una responsabilità grande perché abbiamo nelle nostre mani la salute del cliente. Quanto più conosciamo gli aspetti benefici e saperli lavorare, quanto più siamo bravi. Il piatto deve essere bilanciato a 360°, sia nel gusto che nel rapporto nutrizionale: questo è il passo generazionale che dobbiamo fare.
Stanno nascendo diversi format dove mettono al centro i concetti di benessere. Per esempio nella poké troviamo: la parte vegetale, la frutta, il pesce e il riso. È un piatto unico e ben bilanciato. La poké ha preso tanto piede proprio perché è arrivata in un momento in cui le persone sono più interessate al proprio benessere. Nel futuro potrebbero arrivare altri piatti simili perché l’interesse è forte e sempre più cucine plant based verranno aperte.
Bisogna poter soddisfare tutti i bisogni. Ora sono in crescita le persone flexitariane, coloro che mangiano carne e pesce ma in quantità inferiori. Per questo motivo stanno nascendo sempre più prodotti che evocano il sapore della carne e del pesce.

Hai alcuni consigli per vendere di più i dolci?
Il semilavorato deve essere visto per quello che è: solo un ingrediente. Fare un piatto con un semilavorato è del tutto analogo a farlo con altri ingredienti e si può definire come “fatto in casa”. Sono prodotti del tutto personalizzabili perchè è lo chef che aggiunge l’esperienza e deve trasferire le sue conoscenze durante la preparazione. Si può apporre una propria firma per rendere la propria proposta del tutto originale.
Per vendere di più con i semilavorati bisogna spingersi oltre e non limitarsi. Ad esempio la panna cotta può essere fatta con abbinamenti del tutto inusuali e stagionali, ogni mese si può proporre una variante diversa.
I clienti se vedono piatti personalizzati non giudicheranno il dolce come preconfezionato.
Un altro consiglio è di fare porzioni normali e anche mini. Avere una porzione piccola consente di offrire il dessert a chi non vuole per forza prendere quella grande. Si può decidere in questi casi anche di offrire il mini dolce perché il food cost sarà molto basso. Se il dolce piace la volta dopo il cliente lo richiederà. La consapevolezza è la chiave: far assaggiare permette di creare una domanda per la volta successiva.
Il food cost del dolce è molto basso ed è il prodotto con cui si può fare più margine. Tendenzialmente un dolce costa al ristorante 0,40 centesimi e può essere venduto a 6 euro, in questo caso il margine è di 5,50 euro. Questo grande margine non è facile averlo su antipasto, primo e secondo. Per questo motivo i dolci sono molto importanti, bilanciano il prezzo di un altro piatto con un food cost più elevato.
Non tutti fanno questo bilanciamento e spesso il dolce viene visto come un peso e quindi trascurato. Con i prodotti semilavorati della linea Carte D’Or è possibile fare dolci stabili nel tempo, standard e soprattutto personalizzabili.

Tema feste: qualche consiglio per creare un menù dedicato al periodo natalizio?
Il Natale è tradizione e la vera tradizione in cucina parte dagli ingredienti poveri. Il salmone non è tradizione, così come non lo è la carne di Angus, lo sono invece: baccalà, alici, sgombro, vitello, agnello…
Quello che si può fare è dare un tocco moderno e soprattutto di abbellimento che donano preziosità. Per dar risalto ad un ingrediente povero lo si può abbinare ad uno più ricco. Un esempio? L’agnello con il tartufo. Oppure si può scegliere una tecnica di cottura particolare, cuocere un agnello a basse temperature per 6 ore con un ristretto al barolo aromatizzato con ginepro e liquirizia eleverà il piatto.
Cosa ne pensi di una soluzione come Deliveristo?
Deliveristo è un aiuto fantastico per chef che hanno il compito di fare anche gli ordini. Noi non abbiamo tempo e avere un unico interlocutore è una soluzione pazzesca. Una volta a fine servizio mandavo i fax ai fornitori e stavo anche più di un’ora per fare gli ordini. Poi c’è il problema che qualcosa mancava o il prezzo era diverso e quindi inizi a ricevere messaggi e telefonate da parte dei fornitori. Avere una visione immediata con Deliveristo è certamente una grande comodità.

Spesso il ristoratore ha difficoltà a gestire le richieste di clienti che hanno intolleranze. Un esempio è il gluten free, come suggerisci di gestire la linea?
Tra le intolleranze una delle più forti è quella al glutine. È importante poter soddisfare le richieste dei clienti senza però incasinare la propria linea. Alcuni dei prodotti Unilever Food Solutions sono stati concepiti per essere senza glutine ma con gusto e buoni per tutti. L’obiettivo? Un’unica linea per tutti. Abbiamo pensato che creare un unico prodotto che andasse bene per tutti fosse la strategia vincente per risolvere il problema p se uno chef prepara le verdure gratinate senza glutine ma nessuno gliele compra inevitabilmente verranno buttate. Bisogna impostare e organizzare la cucina in modo tale che non ci si preoccupi con un intollerante.
Con i prodotti Maizena di Unilever Food Solutions si può inoltre lavorare di anticipo. Uno dei vantaggi è di riuscire a mantenere i liquidi e ciò permette di lavorare prima le impanature per poi tenerle in frigo.
Che consiglio daresti ai colleghi giovani?
Sicuramente sono due i percorsi più importanti. Il primo è il servizio alla carta dove devi essere veloce, pratico e saper gestire gli imprevisti. Il secondo è il servizio di banqueting, ovvero un servizio di programmazione, studio, preparazione in cui lavori di rigenerazione.
Saper programmare aiuta in una cucina espressa a rendere il servizio fluido e sostenibile. È molto più semplice poter arrivare alla sera, anche con un menù alla carte, in cui bisogna semplicemente assemblare la linea preparata precedentemente. In questa maniera si riesce ad avere maggiore padronanza della situazione.
Sono due mondi e approcci diversi ma bisognerebbe conoscerli entrambi. Per il food cost la banchettistica e il mondo del wedding è la base: devi essere precisissimo per il fatturato. Nel menù alla carta puoi fare qualche margine di errore ma bisogna avere comunque più attenzione, soprattutto di questi tempi.