“La carenza di personale è un bel problema dei giorni nostri. I giovani si stanno allontanando dalle cucine, non vogliono più fare i cuochi, il 70 per cento dei ragazzi che conosco che si erano approcciati per la prima volta alla cucina hanno cambiato lavoro. Noi, dobbiamo essere bravi a riportarli dentro, rendendo il lavoro sostenibile. Credo che sia normale che i ventenni non vogliono più lavorare venti ore al giorno nelle cucine, essendo sottopagati per sei su sette.”
Sono queste le parole di Nicola Bonora, il nuovo chef di Motelombroso in merito alla carenza di personale, un tema fortemente attuale e che continua a segnare drasticamente il settore della ristorazione.
- In Italia sono scomparsi chef e camerieri
- Ecco perché nessuno vuole più lavorare nel mondo della ristorazione
- Quali interventi bisogna adottare per combattere la carenza di personale nella ristorazione?
- Cosa stanno facendo i ristoranti per prevenire questa situazione?
In Italia sono scomparsi chef e camerieri
Si moltiplicano gli annunci di lavoro nel mondo della ristorazione, dove sembrano scomparsi camerieri, responsabili di sala, sous chef, barman.
Ristoranti, ma anche birrerie, bar, gastronomie, cercano personale senza trovarlo. Secondo le stime, mancano circa 390 mila tra cuochi e camerieri a tempo indeterminato che negli ultimi due anni, complice la pandemia, hanno deciso di cambiare mestiere.
Non è mancato l’intervento di noti imprenditori della ristorazione che puntano il dito contro le “nuove generazioni sfaticate”, richiami al reddito di cittadinanza che avrebbe fatto passare la voglia di lavorare dall’alto del suo importo mensile di addirittura alcune centinaia di euro e i titoloni mediatici che sembrano volerci dire che l’unico modo per bersi uno spritz in spiaggia quest’estate sarà portarselo da casa, visto che al bancone non ci sarà nessuno a prepararlo.
Sullo sfondo, però, ci si è dimenticati di interrogarsi sulle origini del problema, lì dove effettivamente il problema esiste: il precariato e gli stipendi inadeguati che tengono le persone, a ragione, lontane dai lavori stagionali.

Ecco perché nessuno vuole più lavorare nel mondo della ristorazione
Prima della pandemia c’era la fila, ora non piace più e si moltiplicano le ricerche di personale che per la maggior parte restano inevase. C’entrano molti fattori, ma non sono solo economici. E richiedono una forte riflessione sul settore.
La questione non è riferibile a una mancanza di interesse da parte dei ragazzi, ma a un cambio della mentalità.
La realtà è che se mancano lavoratori stagionali è perché c’è un problema a monte, nella condizione in cui queste persone vengono messe a lavorare e dunque la paga e i benefit offerti dal suddetto lavoro.
Con il lavoro stagionale come chef, cameriere e barista si va infatti incontro a un mondo spesso fatto di paghe bassissime, turni di lavoro massacranti, straordinari non retribuiti, grande nero che si va ad affiancare a turni regolari part-time e soprattutto zero prospettive nel momento in cui la stagione dice arrivederci.
L’uguaglianza penuria di personale stagionale = giovani sfaticati è pretenziosa dal principio, perché a rifiutare questi lavori ci sono anche infinite platee di adulti che però semplicemente non sono un buon capro espiatorio.

Quali interventi bisogna adottare per combattere la carenza di personale nella ristorazione?
Come potete immaginare, questo problema non riguarda solo il nostro Paese, ma si può dire che sia un vero e proprio fardello internazionale.
La soluzione? Pagare il giusto. Sono molti gli chef che hanno affermato di aver trovato personale, retribuiendolo adeguatamente e con contratti stabili. La gente vuole lavorare, ma per evitare e soprattutto superare la carenza di personale bisogna pagare il giusto.
Un’altra strategia importante per far fronte a qualsiasi carenza di personale nel settore della ristorazione è l’investimento in tecnologia in grado di migliorare l’esperienza dei dipendenti.
Si potrebbe pensare ad un software di gestione stipendi, che consente di tracciare accuratamente le ore di lavoro e compensare adeguatamente il personale. O ancora, si potrebbero introdurre sistemi interni al lavoro, che possono consentire ai clienti di sfruttare più opzioni self-service, riducendo i carichi di lavoro del personale e aumentando la soddisfazione.
In effetti, poche modifiche possono fare una grande differenza. La carenza di personale qualificato è una sfida attuale per l’intero settore. Dovrebbe essere colta come un’occasione per lavorare sull’immagine della gastronomia, in modo che questo problema diventi presto un ricordo del passato.

Cosa stanno facendo i ristoranti per prevenire questa situazione?
In risposto a quest’ondata di rifiuto categorico, molti ristoranti si stanno muovendo in una direzione molto più sostenibile.
Infatti, i ristoratori stanno cercando di offrire più giorni di riposo ai dipendenti come benefit, facendo “doppio turno” a cena e chiudendo a pranzo, oppure restando aperti solo durante la settimana.
Si sa, lavorare nel mondo della ristorazione è estremamente difficile oltre che stressante e stancante dal punto di vista fisico e mentale, soprattutto quando si raggiunge una certa età.
Ed è risaputo ormai che lo stress ha un impatto negativo sulla nostra salute.
A tal proposito, sono in molti ad aver pensato ad una politica di incentivi e tutele per andare incontro ad un lavoro molto impegnativo e pesante.
Il risultato più importante di queste accortezze è che un maggiore riconoscimento e stima sociale possono ridurre notevolmente lo stress e quindi il rischio per la salute di chef e camerieri.
