Il settore HORECA conta circa 8 milioni di addetti nell’Unione europea ed è caratterizzato da una percentuale elevata di piccole imprese, giovani, donne e migranti. Le condizioni di lavoro possono essere difficili e particolarmente impegnative (soprattutto in ragione del contatto diretto con i clienti), i carichi di lavoro sono notevoli e gli orari di lavoro temporanei e irregolari con un conseguente grave rischio di problemi di salute legati al lavoro, tra cui disturbi muscolo-scheletrici.
Uno studio condotto da Ambasciatori del Gusto e l’Ordine degli Psicologi del Lazio inquadra una situazione di criticità tra gli addetti alle cucine e alle sale italiane. Cuochi, camerieri, ristoratori sono vittime di turni e pressioni troppo pesanti. Al limite del burnout.

I risultati della ricerca parlano chiaro. Ad avvolgere questa drastica situazione nelle cucine e nelle sale italiane convergono il turn over del personale (80,18 %), uno scarso equilibrio tra vita lavorativa e vita privata (55,85 %), gli orari incomodi (54,95%) e elevati carichi di lavoro (54,05%).
Inoltre, ad aggravare la situazione, si registrano sintomi psicofisici quali pressione sanguigna, problemi alimentari, alterazioni del sonno (54,45 %), ansia (40,54 %), la tristezza (38,73 %) e l’isolamento sociale (34,90 %).
Si tratta di una situazione allarmante, disarmante. Proprio per questo motivo diventa fondamentale promuovere all’interno del settore della ristorazione iniziative volte al supporto psicologico di chi lo compone, per stare bene e lavorare meglio.
Stress e Burnout di Chef e Camerieri
- Le malattie e i disturbi mentali che infliggono il mondo della cucina
- I disturbi mentali e fisici più comuni che colpiscono chi lavora in cucina
- Quali sono i sintomi dello stress in cucina?
- Quali sono le conseguenze dello stress in cucina?
- Cosa dicono i lavoratori del settore
- Cosa sta cambiano nella ristorazione?
- Cosa fare con il Burnout di Chef e Camerieri
- Suggerimenti per il proprio benessere psicofisico in cucina
- Come diminuire lo stress da lavoro in cucina
Le malattie e i disturbi mentali che infliggono il mondo della cucina
Lavorare come chef in ristorante è un mestiere dove la creatività fa padrona. È un lavoro che richiede una certa abilità, una forte attitudine e tanta passione per avere successo. Ma, come dice il detto, non è tutto oro quello che luccica.
Ore di lavoro estenuanti, sempre in piedi, stipendi ridotti, ritmi di lavoro sempre alti. Otto chef su 10 provano o hanno provato uno stato di malessere mentale, e dei quali almeno la metà non si sentirebbe a suo agio a condividere con i propri colleghi il problema. I disagi che la fatica e stress provocano, possono colpire chiunque.
Le principali cause sono legate soprattutto alla quantità di ore passate in cucina, l’ansia e le responsabilità del lavoro e il poco tempo libero disponibile per sé stessi. Spesso un modo per sopperire la stanchezza e l’umore basso può essere l’abuso di droghe, alcolismo o altri comportamenti autodistruttivi. Non si trattano di casi limitati, ma una di un problema molto presente e diffuso.
Le storie raccontante dallo chef Anthony Bourdain nel libro “Kitchen Confidential” non sono così lontane dalla realtà.
I disturbi mentali e fisici più comuni che colpiscono chi lavora in cucina
Lo stress può colpire in diversi ambiti. Sembra quasi assurdo, ma chi lavora nei ristoranti soffre molto spesso di disturbi legati all’alimentazione. Chef e staff di sala si devono adattare a pasti non sempre sufficienti, spesso consumati in piedi. A volte non si ha neanche il tempo per poter mangiare per le troppe cose da fare. Le ripercussioni a livello fisico sono molte.
Poca energia e sistema immunitario compromesso, riduzione del senso del gusto e dell’olfatto, e cambio di personalità (nervosismo e aggressività). Tutto sfocia in disturbi alimentari di cui la persona stessa, spesso, non si rende conto di avere, alienati da un lavoro che mette in secondo piano l’interesse e il benessere della persona.
Gli chef, camerieri, bar tender e baristi sono coloro che lavorano quando gli altri si fermano o sono in vacanza. Poter “staccare la spina” è un lusso che, chi lavora nella ristorazione, non sempre si può concedere. Nella maggior parte dei casi, la settimana lavorativa prevede un pellegrinaggio casa-lavoro interrotto da poche ore di sonno. Questo provoca effetti che si rispecchiano in una cattiva alimentazione, poco tempo per le relazioni interpersonali, aumento dello stress, affaticamento, ansia, sonno interrotto e soprattutto dipendenza da alcool.
Quali sono i sintomi dello stress in cucina?
L’analisi dei risultati del questionario e dei focus group ha indirizzato il gruppo degli psicologi dell’Ordine Lazio e Ambasciatori del Gusto a individuare i seguenti risultati. Quali sono i sintomi che maggiormente colpiscono chef e ristoratori?
SINTOMI FISICI: Dalle ricerche è emerso che il 31% dei soggetti che si trovano nel settore della ristorazione per più di 20 anni ha avvertito problemi alimentari; il 38% un peggioramento del sonno; il 24% disturbi muscolo-scheletrici; il 35% problemi di pressione sanguigna.
SINTOMI PSICHICI: Dalle ricerche è emerso per coloro che si trovano nel settore della ristorazione per più di 20 anni, si è registrato un peggioramento del 25% delle problematiche connesse all’ansia, un peggioramento del 29% dell’irritabilità; un peggioramento in merito alla condizione di tristezza del 29%; un aumento dell’isolamento sociale del 28%.

Quali sono le conseguenze dello stress in cucina?
Tutta questa situazione può portare ad una vera e propria catastrofe, riducendo drasticamente il personale nel settore della ristorazione. Sono in molti, infatti a lasciare il mestiere di cuochi e camerieri per passare ad altri settore. I motivi? Si lavora meno e si guadagna di più, senza tanto stress e più sicurezza.
Avere del tempo libero per svagarsi e staccare la mente è più difficile di quanto si pensi. Combaciare la vita privata con le numerose ore di lavoro, diventa altamente stressante se non quasi impossibile da gestire.
Il tempo, oggi, è la vera moneta. Mangiare, ad esempio, la domenica con la famiglia o durante la festività è un lusso al quale pochi riescono a dire di no, soprattutto se gli stipendi non sono all’altezza della fatica psicologica, mentale e fisica.
Cosa dicono i lavoratori del settore
I ristoratori ormai lamentano la mancanza di cuochi e camerieri, perché preferiscono il reddito di cittadinanza. Ed è vero, il sostegno al reddito ha avuto un ruolo. Perché tanti, camerieri, lavapiatti e aiuto cuochi, rifiutano determinati impieghi in favore di una stabilità – soprattutto economica – che possono avere altrove.
Di fronte alla prospettiva di lavorare tantissimo, di abbandonare la vita sociale e di essere altamente stressati, cuochi e camerieri preferiscono tenersi il sussidio. Si scagliano contro il salario, la tipologia contrattuale che gli viene proposta e l’eccessivo carico di lavoro, a fronte di un solo giorno libero a settimana.
E tutto questo rischia di frenare drasticamente la crescita di questo settore.
Vuoi saperne di più su questa situazione? Allora leggi qui l’articolo sul perché Non si trovano Chef e Camerieri.
Cosa sta cambiano nella ristorazione?
Qualcosa però sta iniziando a cambiare. Uno dei primi esempi di movimenti a tutela dei cuochi arriva direttamente dall’Inghilterra. Lanciato nel 2019, il “The Burnt Chef Project” nasce come progetto contro il tabù delle malattie mentali all’interno dei ristoranti inglesi. Ha avuto fin da subito molto seguito e, soprattutto durante i periodi della pandemia, ha avuto modo di diffondersi, supportando numerosi chef sul territorio anglosassone. Sono stati coinvolti anche molti nomi noti in serate di riflessione e supporto, portando il problema a un livello nazionale.
Anche in Italia si sono finalmente mosse le acque. L’associazione Italiana Ambasciatori del gusto e l’Ordine degli Psicologi del Lazio hanno iniziato insieme uno studio per capire meglio le ripercussioni di questo lavoro su imprenditori, chef, personale di cucine e di sala. Il risultato della ricerca, fruibile online, è frutto di dati raccolti tramite interviste e questionari. Grazie ai risultati, e con l’aiuto del team di psicologi, sono stati riportati esempi e soluzioni che potrebbero migliorare la situazione.
Superar il problema dei disturbi legati a questo lavoro può essere complicato, ma iniziando a fare delle scelte che possano aiutare il personale, è una mossa chiave per fare la differenza.
Cosa fare con il Burnout di Chef e Camerieri
Un grosso aiuto può essere dato con l’appoggio di uno psicologo o un councellor, una figura professionale fondamentale per migliorare il benessere psicofisico dei lavoratori all’interno di un locale. Un altro modo potrebbe essere di ridurre le ore settimanali, organizzando orari di lavoro che permettano alle persone di avere più tempo libero, e di conseguenza, essere più produttivi sul lavoro. La gestione e la cura del “fattore umano”, che è sempre stato poco considerato fino agli ultimi anni, deve diventare una delle priorità all’interno di un locale.
Programmi televisivi e documentari hanno cambiato negli ultimi anni il modo di vedere il lavoro del cuoco. Sebbene questi programmi pongono la vita degli chef, o aspiranti tali, sotto i riflettori, nella realtà non mostrano tutti gli aspetti di questo lavoro: lavorare in cucina non è come si vede sugli schermi. Gli spettacoli televisivi dovrebbero iniziare a educare di più le persone sul vero mondo della ristorazione, per permettere di capirlo e apprezzarlo meglio.

Suggerimenti per il proprio benessere psicofisico in cucina
In relazione dati emersi, risulta opportuno proporre alcune attività che permettono di affrontare le difficoltà che affliggono chi si trova in questo settore.
Il primo passo consiste nel prendere atto e consapevolezza del disagio psichico personale. Per farlo bisogna fare attenzione a tre diverse fonti di informazioni: il nostro corpo in grado di inviarci segnali, quali mal di testa, insonnia, disturbi di stomaco; le persone che ci circondano e che possono trasmetterci consigli e critiche nei confronti del nostro disagio; le attività quotidiane che svogliamo e che possono presentarsi come particolarmente faticose quando in precedenza non lo erano.
Il secondo passo consiste nel mettere a fuoco il nostro stato mentale e dunque le proprie emozioni e i propri pensieri, in particolar modo quelli che sono avvertiti come negativi che ci incastrano in un circolo vizioso di interrogativi, sofferenze ed emozioni spiacevoli, in modo da potersene gradualmente distaccare.
Il terzo e ultimo passo consiste nell’intervenire e modificare concretamente alcuni aspetti pratici della vita quotidiana, in modo da mantenere e migliorare l’attività della ristorazione anche nei momenti di difficoltà.
Come diminuire lo stress da lavoro in cucina
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